Intervista a Renato Amà

Come ti è nata la passione per la scrittura oltre all’amore per la pittura? Come sei passato dall’immagine ai testi?
Nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza amavo vivere in solitudine, in silenzio senza troppe amicizie o persone intorno a me. Questo stato di leggerezza mi faceva stare molto bene e proprio da questa solitudine e da questo isolamento nasceva la voglia di scrivere e dipingere. Amavo creare senza preoccuparmi se quello che scrivevo e quello che dipingevo potesse alla fine piacermi o soddisfarmi. Poi a mano a mano che crescevo con l’età e artisticamente compresi che tutto quello che componevo lo esprimevo meglio scrivendo e non dipingendo. Dipingere sono solo gli occhi che guardano e giudicano l’immagine e l’emozione che suscita te la tieni dentro non la esterni mentre la descrizione di un sentimento, di un’emozione attraverso la parola scritta appaga di più.

 

Come sei approdato al genere thriller?
Parlando di letteratura i romanzi d’amore, biografie o le saghe, oggi molto di moda, non mi sono piaciuti. mi sono appassionato ai thriller, noir e gialli. Questo non tanto per la crudeltà o le scene di morte di per sé ma per i personaggi che si muovono in questo tipo di letteratura… lo psicopatico, il maniaco, il violentatore, il killer lo schizofrenico. Essi muovono in me la parte psicologica del mio pensiero. Inoltre amo i luoghi, le atmosfere che si muovono nel mondo del thriller.

 

Partiamo dal titolo: cosa indica per te la torre?
La torre è la nostra mente, il luogo dove noi costruiamo tutto ciò che nella realtà non possiamo fare. Sia in letteratura che in cinematografia la torre è prigionia, angoscia, morte, inganno. La torre è il luogo dove la vita non ha senso e dove i sentimenti si perdono lontano nel tempo. La torre è il tempo.

 

Come definisci il termine suspense e come hai sviluppato la trama della trilogia.
Suspense è ciò che riesco a creare senza far capire al lettore quello che si muove nel racconto. Suspense è il mistero, è la paura di un qualche cosa che c’è ma che non posso conoscere. Suspense e mistero sono il nulla di un mondo irreale. Conoscendo la realtà svelo il mistero, e conosci tutto ciò che alla fine non avresti voluto capire o scoprire. D’altronde, suspense è uno stato di tensione ansiosa che ti porta alla conoscenza dei fatti senza prevederne l’esito. Ho cercato di sviluppare la trama lavorando molto sui luoghi e sui personaggi che la mia fantasia mi ha suggerito. Nulla è nato per caso ma tutto nasce da un’idea ben precisa alla quale mi sono attenuto per poterla sviluppare.

 

Atto creativo e ispirazione.
L’atto creativo rappresenta il momento meno importante nella stesura del romanzo: “carta, penna, scrivo, cancello, riscrivo ben diversa invece è l’ispirazione. L’ispirazione in me parte sempre da un mondo in movimento non c’è staticità e non mi è mai venuta guardando fuori dalla finestra poiché tutto è molto limitato. L’ispirazione nasce da un mondo che è intorno a noi e tutto si muove alla velocità della luce, e io devo rallentare per un attimo questo correre veloce e coglierne l’attimo. Questo attimo è l’ispirazione.

 

Come costruisci l’ambientazione (fondamento del thriller).
L’ambiente è il luogo dove muovo i miei personaggi, dove l’omicida cerca l’esatto momento per uccidere. L’ambiente deve essere cupo, tetro, decadente. Il killer non colpisce mai in pieno centro affollato, ma in luoghi con atmosfere di mistero che suscitano terrore. Per me il luogo e l’ambiente rappresentano l’isolamento sociale del personaggio come un allontanamento dalla società nella quale non riesce ad adeguarsi il killer è un emarginato, un diverso. L’ambiente e altresì un gioco della mia fantasia e immaginazione.

 

Come delinei i personaggi e li metti in azione?
Spesso non è soltanto la trama ad avvincere il lettore ma i personaggi che si impossessano della nostra curiosità a seconda del ruolo che lo scrittore affida al personaggio, alla sua personalità alla sua cultura all’ambiente in cui ha vissuto. Tutto questo bagaglio lo riporto tra le righe del romanzo. Sbagliare la collocazione o il ruolo dei personaggi significa alla fine buttare il romanzo. Il personaggio quando lo creo devo viverlo: “sarò un lui cinico, perverso, un lui buono o cattivo un lui che solo attraverso me avrà particolari caratteristiche e comportamenti. Solo così il personaggio sarà come io l’ho costruito e non potrà deludermi”.

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